Bottega d’Arte S. Vio

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Gregorio Bacci Giagan nasce a Venezia nel 1970. Suo padre Giorgio Bacci Baik e suo zio Edmondo sono stati entrambi artisti molto noti a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Già dai tempi dell’università Gregorio lavora nella galleria/atelier del padre ‘Bottega d’Arte S. Vio’ nel sestiere di Dorsoduro accanto al museo Guggenheim. Qui coltiva la sua passione per la pittura e apprende le principali tecniche artistiche. Conclusi gli studi, prende in gestione l’attività di famiglia e si dedica completamente alla pittura.
Adotta lo pseudonimo di Giagan, come aveva già fatto suo padre con Baik, per differenziarsi dai suoi maestri e nello stesso tempo per inserirsi così nella tradizione di famiglia.
Le sue opere su tela a firma Giagan rappresentano vedute di Venezia, una Venezia però lontana dalle tradizionali raffigurazioni della città, in cui la vivacità dei colori e la dinamicità delle forme rendono del tutto originale il lavoro di questo artista.
Parallelamente a queste opere in cui prevale il paesaggio veneziano, l’artista esegue altri progetti, realizzati attraverso la sperimentazione di tecniche pittoriche e materiali diversi, dalla tradizionale doratura e pittura ad olio alla moderna stampa fotografica, all’elaborazione digitale. L’artista in questo caso si firma G. Bacci per ribadire l’indipendenza e la varietà dei diversi momenti del suo percorso creativo.
Per Giagan esiste un’altra Venezia. Una città che è un labirinto di strade chiamate calli. L'artista prende per mano lo spettatore e lo accompagna per queste piccole vie con i loro incroci e le loro intersezioni, il loro andare sempre diritto o il curvare inaspettatamente. “Il più delle volte - dice l’artista - sono strette e scure, ma ogni tanto vengono colpite da lampi insperati di luce. Spesso non ci conducono in nessun luogo, altre volte si aprono in un campiello alberato e pieno di sole o portano a un ponte storto. I palazzi alzandosi alti attorno a noi si allungano, si piegano e si inclinano fino a risucchiarci in un vortice vertiginoso che è il cuore pulsante della mia città. Ci possiamo trovare a fiancheggiare un tranquillo canale nascosto dove l’acqua riflette come seta le lievi antiche pietre o a passare attraverso un buio sottopasso che odora di muffa e umido, ma alla fine torniamo sempre alla luce dove il colore risplende radioso”.